Che legame c’è tra la nostra regione e lo scrittore statunitense Ernest Hemingway? Il Piemonte ha da sempre affascinato tantissima gente, anche famosa. Le sue meraviglie, i suoi paesaggi e la sua cucina tradizionale, con dei dolci incredibilmente prelibati, hanno attirato personaggi da tutto il mondo. Anche da oltreoceano.
È questo il caso, per l’appunto, di Ernest Hemingway. Lo scrittore di capolavori come “Addio alle Armi” e “Per chi suona la campana”, per citarne giusto un paio, ha avuto il Piemonte nel cuore per tutta la sua vita.
Al Piemonte, Ernest Hemingway ha dedicato pagine straordinarie
Era il 1918 quando Ernest Hemingway mise piede in Italia. Desideroso di vedere e vivere la guerra da vicino, si fece mandare sulla riva del basso Piave. Il suo ruolo era quello di assistente di trincea: doveva distribuire generi di conforto ai soldati, recandosi tutti i giorni nelle prime linee in bicicletta. Nel pieno svolgimento delle sue mansioni, fu colpito dalle schegge dell’esplosione di una bombarda austriaca. Venne ferito alla gamba, salvandosi grazie ad un soldato italiano che gli fece involontariamente da scudo umano: il ventiseienne Fedele Temperini.
Trasportato all’ospedale militare di Milano, vi rimase per tre mesi. Qui si innamorò, ricambiato, di un’infermiera statunitense di origine tedesca. Se vi sembra una storia già nota, già letta da qualche parte è perché il caro Ernest Hemingway la narrò anche nel suo celebre “Addio alle armi”, tradotto clandestinamente in Italia dall’indimenticabile Fernanda Pivano nel 1943. Il protagonista, dopo essersi ripreso, tornò al fronte proprio quando crollò Caporetto.
Frederic-Ernest guidava un’ambulanza, che si trovò costretto ad abbandonare e ritirarsi, ma venne catturato. Dopo una serie di peripezie e rocambolesche fughe, riuscì a salvarsi e a scappare con la fidanzata infermiera a Stresa. Proprio in queste pagine, Hemingway descrisse poeticamente non solo il paesaggio, ma anche l’hotel che lo ospitò nel settembre del 1918. A differenza del suo alter-ego Frederic, Ernest Hemingway trascorse una settimana di licenza al Grand Hotel des Isles Borromées insieme ad un amico.
Da Stresa a Cuneo, il Piemonte lo attraeva come una calamita
L’amore che provava per Stresa e per il lago Maggiore ha fatto sì che ci regalasse delle descrizioni struggenti e dettagliate, come possiamo leggere in “Addio alle armi”. Stresa e il lago Maggiore, però, non sono gli unici luoghi piemontesi che lo hanno incantato. Per un motivo diverso, lo fu anche la zona del cuneese.
Dietro c’è lo zampino di Arnoldo Mondadori che, durante un incontro con lo scrittore d’oltreoceano, gli parlò dei Cuneesi al rum. Nel 1954 Hemingway si recò, allora, alla pasticceria Arione, nota proprio per la produzione di tale prelibatezza. Se siete interessati a una sorta di percorso in memoria dell’autore de “Il vecchio e il mare”, “I quarantanove racconti”, “Fiesta” e tantissimi altri romanzi cult della narrativa nordamericana, potete cominciare proprio da qui.
Recatevi in questa storica pasticceria, sbirciate l’articolo in cui si parla della visita di Hemingway e fate scorta di Cuneesi al rum. Dopodiché mettetevi in viaggio per il lago Maggiore, per Stresa e Pallanza. Capirete cosa stregò Ernest Hemingway durante il suo soggiorno nella stanza 106 del Grand Hotel des Isles Borromées.
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